Tra i tanti personaggi più o meno famosi passati a miglior vita in questo ultimo periodo, la scrittrice per bambini Vanna Cercenà non è stata celebrata ai TG o sui giornali ma la sua scomparsa di sicuro ha lasciato un grande vuoto nella comunità letteraria a cui apparteneva, nell’editoria, nel mondo, e in me.

Quando, nell’autunno del 2016, mi arrivò la notizia che aveva avuto un versamento cerebrale mentre presentava i suoi libri in un evento pubblico, mi trovavo a Chawton House per un writing retreat offerto dalla mia università. Stavo facendo il dottorato e anche l’incontro con Vanna, qualche anno prima, era una delle cose belle che quella esperienza inglese mi aveva regalato.

Era stato a Londra, infatti, che avevo avuto l’idea di fondare un’associazione di scrittori e scrittrici per ragazzi, e Vanna mi aveva subito appoggiata. Non ci conoscevamo, tra noi c’erano quarant’anni di differenza, ma è stata amicizia a prima vista.

La notizia che Vanna era sopravvissuta al colpo ma che non era più lei al 100% mi addolorò moltissimo. Soprattutto il fatto di non averla conosciuta prima e di non essere riuscita a parlarle un’ultima volta. Scrissi subito di getto un articolo a lei dedicato – allora ero presidente di ICWA e volevo essere preparata al peggio, forse volevo anche mettere subito su carta le mie emozioni.

Da allora sono passati cinque anni e Vanna ci ha lasciati senza aver avuto consapevolezza di tutti gli eventi che ci hanno scossi come società e come individui – dalla pandemia alle recenti elezioni. E forse è stato meglio così. Donna forte e di sinistra, impegnata e attenta, chissà cosa avrebbe pensato di certe derive.

Noi dii certo la ricorderemo sempre con grandissimo affetto e stima. E, come ho scritto nell’articolo, che il suo spirito e la sua energia possano continuare a ispirarci.

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